Avellino, pronto il piano per il ripescaggio in Prima Divisione

Brucia ancora, e non si può nemmeno immaginare quanto, in casa Avellino la sconfitta di domenica scorsa nella finale playoff contro il Trapani. Però, c’è una piccola speranza per i Lupi e si chiama ripescaggio. Quella parolina magica che ha già permesso, un anno fa, agli irpini di arrivare in Seconda Divisione dalla porta di servizio e che, per il secondo anno consecutivo, potrebbe farli ripartire dalla categoria superiore senza averlo meritato sul campo.

L’estate della Lega Pro, infatti, si annuncia più torrida della precedente: c’è da fare i conti su quanto resterebbe in cassa dopo aver sostenuto le spese per la pratica di ripescaggio. La commissione, che si è riunita a Firenze ha fissato in 1 milione e 400 mila euro la cifra da sborsare per chiedere l’ammissione nella ex serie C1. Dove si potrebbero trovare questi soldi?

I conti non sono difficili: due fideiussioni, da 600 mila euro ciascuna, a beneficio di Federcalcio e Lega Pro, e un contributo di 200 mila euro a fondo perduto. L’Avellino, quindi, sa quanto gli costerebbe la “promozione d’ufficio”. Ma la domanda è: quanto resterebbe, poi, per attrezzare una squadra capace almeno di difendere la categoria? Se le risorse economiche ci sono, la società non si tirerà indietro. Sono in corso le valutazioni, ma l’orientamento della società sarebbe quello di tentare la strada del ripescaggio. In effetti, l’occasione è più che ghiotta. Secondo uno studio realizzato anche da IlSole24ore, su 90 club di Lega Pro, almeno un terzo avrebbe problemi con il pagamento degli stipendi. I margini, insomma, per sperare – con fondate chance di farcela – in un ripescaggio ci sono. In più, la commissione tecnica ha stabilito che la perdente dei play off ha la precedenza rispetto alle aspiranti al ripescaggio. E, a breve, potrebbe essere inserito un ulteriore criterio che privilegia le società capoluogo di provincia. C’è solo un piccolo inghippo: l’Avellino è già stato ripescato l’anno scorso e una norma vieterebbe di ricorrere a tale strumento per 5 anni. Ma si sa, in Italia siamo bravissimi a trovare cavilli alle norme…

 

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