Juve Stabia, Fincantieri e una favola che fa bene al calcio

Nei giorni del calcio scommesse, delle pagine di giornali riempite con nomi alla successione di Leonardo all’Inter che nemmeno il successore di Berlusconi nel Pdl, questa è invece una pagina di calcio vera. Di una squadra vera: la Juve Stabia. Città: Castellammare di Stabia. Provincia di Napoli. Periferia del calcio. La città di Fabio Quagliarella, l’unico a salvarsi nella spedizione mondiale italiana in Sudafrica. La città delle Vespe e della Fincantieri. Già, la Fincantieri: quell’industria che dà lavoro a 2.000 persone a Castellammare, ora per la maggior parte in cassa integrazione. Operai che, loro malgrado, hanno avuto il tempo di appassionarsi e innamorarsi di una storia, quella della Juve Stabia. Una squadra ricca di giovani talenti, impostata su un’ossatura centrale formata da due granitici difensori (Scognamiglio e Molinari), due centrocampisti dinamici e talentuosi (Danucci e Mezavilla) e un bomber che a 37 anni è ancora un lusso per la categoria: re Giorgio Corona. A questa intelaiatura aggiungi giovani di grande interesse (il portiere Colombi, il terzino sinistro Dianda), la classe di Ciotola, le invenzioni di Raimondi, i dribbling di Tarantino, e un grande allenatore maremmano come Pietro Braglia e il mix è stato perfetto. Come è stata perfetta l’alchimia di una squadra che si è stretta intorno alla città, ai suoi operai, alla sua fabbrica. Ha scritto sulle maglie: “Castellammare è Fincantieri”. Ed è vero, ma da oggi Castellammare è anche serie B. Bentornati. 60 anni dopo.

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