Tacchinardi e Crema, una storia da raccontare

Intervista esclusiva del sito ufficiale del Pergocrema ad Alessio Tacchinardi, grandissimo centrocampista della Juventus, che dopo aver girato mezza Europa è tornato da dove era partito, da Crema. Ecco le sue parole.

Con la Juventus ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Alessio Tacchinardi è un cremasco che ha raggiunto i massimi vertici calcistici, ma è soprattutto un ragazzo molto legato alla sua famiglia e alla sua città.

Comincia tu, raccontandomi qualcosa di te.

“Ho iniziato nella Pier Giorgio Frassati a San Bernardino, giocavo con i ragazzi più grandi di me all’oratorio e lì ho avuto la prima soddisfazione perché, giocando un torneo con giocatori più grandi di me ho vinto il trofeo per il miglior giocatore e capocannoniere. Poi sono passato per dieci anni al Crema e da lì all’Atalanta e ho iniziato la trafila faticosa che fanno migliaia di ragazzini, spinti da sogni e speranze. In quei momenti non sai se i tuoi sacrifici saranno premiati, rinunci a molto, al tempo con gli amici, ai fine settimana, alle gite. Conta molto anche la fortuna e la voglia di arrivare. A 15 anni mi stavo disamorando del calcio, avevo un tecnico all’Atalanta a cui non piacevo, poi è arrivato Prandelli e un mese dopo ero capitano degli Allievi Nazionali. Ho esordito a 17 anni in prima squadra all’Atalanta e a diciannove anni sono partito per Torino.

Da juventino, arrivare alla Juventus sarà stata la realizzazione di un sogno… “Andavo a vedere Platini al Comunale, quindi vivere quei campi da protagonista mi scatenava grandissime emozioni. L’organizzazione della Juventus è straordinaria, penso che con Inter e Milan siano le uniche squadre d’Italia ad avere un livello così alto nella gestione della struttura.”

Hai vinto tutto, un ricordo che sovrasta gli altri?

“Tante emozioni e qualche delusione (tre finali di Champions perse), il primo anno ho vinto Campionato e Coppa Italia a diciannove anni, in tutto con la Juventus ho festeggiato cinque volte il tricolore. Ho vinto tanto anche a livello giovanile con l’Atalanta, il campionato degli Allievi Nazionali e il torneo di Viareggio. Ricordo fortemente l’esordio con la maglia Azzurra a ventun’anni e la settimana in cui mi sono preparato a vestirla, per un calciatore la nazionale è probabilmente il traguardo più emozionante. Quando però sei nel vortice non riesci a fermarti e a gustare queste emozioni, adesso quanto ci ripenso è straordinario rivivere quei momenti”

Hai un allenatore che più di altri ti ha dato?

“A livello giovanile sicuramente Prandelli, poi ho avuto la fortuna di giocare guidato da grandissimi allenatori: Lippi, Capello, Ancelotti. Forse con Carlo ho avuto un feeling particolare. Diciamo che tranne Mourinho ho avuto i migliori tecnici e sicuramente da tutti ho imparato molto.”

Però hai smesso presto…

“Ho smesso a trentatré anni dopo aver perso le finali a Brescia dei playoff. Avrei voluto continuare, ma non ho trovato una situazione che mi dava i giusti stimoli. Avrei potuto andare a Palermo, ma non volevo spostare un’altra volta la mia famiglia dopo essere appena rientrati dalla Spagna. Credo di aver smesso nel momento in cui avevo la testa giusta per smettere. In Spagna ho capito che nella vita non c’è solo il calcio, lì vivono questo sport con meno pressione e come un divertimento e non riuscivo a capire le situazioni come le contestazioni a Brescia, dove ho segnato 11 reti, ho giocato un buon campionato. Ho capito che era il momento di voltare pagina, se mancano le motivazioni è meglio lasciar stare..”

Famiglia a Crema, sei tornato nella tua città di origine, dopo aver visitato il mondo.

“Famiglia a Crema, due figli di cinque anni e tre mesi, mia moglie è di Torino, ma io non ho mai amato quella città, era troppo fredda e non solo climaticamente, non tornerei mai a viverci. Qui a Crema ho tutto amici, famiglia e la mia serenità. Per ora voglio fermarmi qui, se poi la carriera di allenatore mi riporterà a spostarmi sarò pronto a ricominciare, per ora no. Sto bene così e non me la sento di vivere in una città diversa da quella della mia famiglia. In Spagna mi avevano seguito, ma noi italiani siamo così, dopo due anni provavo il bisogno di tornare a casa, mi mancava la nostra cultura, le persone che fanno parte della mia vita”.

Tacchinardi allenatore, ora stai seguendo come collaboratore tecnico gli allievi nazionali del Pergocrema, è l’inizio di una nuova carriera calcistica?

“Ho sempre pensato di fare l’allenatore dopo aver smesso di giocare, adesso è iniziata questa avventura con il Pergo. Dopo aver avuto la fortuna di avere avuto i migliori allenatori al mondo, credo di poter dare qualcosa ai nuovi calciatori. Sono convinto che nelle categorie giovanili l’allenatore abbia un ruolo fondamentale. Anche in quest’esperienza sto dando il 100%, perché per me non è concepibile non impegnarmi al massimo. E vedremo cosa mi riserverà il futuro.”

Sei rimasto un ragazzo semplice.

“Merito della mia famiglia, mi ha insegnato i veri valori della vita e non li ho mai dimenticati”.

Fonte: Si ringrazia sito ufficiale Us Pergocrema

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