Taranto, il carcere e una storia tutta da leggere

C’è una storia troppo bella per non essere raccontata. E sul sito del Taranto Calcio l’abbiamo trovata descritta così bene, con così tanta passione, che sarebbe stato un peccato intervenire per cambiarla. Ecco la cronaca di un incontro speciale, quello tra i giocatori tarantini e carcerati della Casa Circondariale.

“Tutti i detenuti insieme, pronti a lottare e sostenervi per il grande sogno della nostra città. Forza Taranto”.

Al sito di una società spetterebbe il compito di comunicare attraverso informazioni di servizio, dati e note ufficiali. Chiediamo venia ai puristi, informando che una delegazione della AS Taranto (Hulls, Marras, Petrocelli, Mezzina, Sebastio, Dionigi, Passiatore, Barasso, Bremec, Sabatino, Di Dio, Giorgino, Rantier, Pensalfini, Panarelli) ha fatto visita alla Casa Circondariale e chiedendo loro di non proseguire nella lettura. Perché è ciò che la AS Taranto Calcio ha trovato al di là delle sbarre ciò che vorremmo descrivere. Per non dimenticare questa giornata e il senso di quelle parole affidate ad uno striscione, da cui abbiamo ci piace cominciare questo viaggio.

  • In via Speziale, ventiquattro anni dopo

Correva il 1987 l’ultima volta che il Taranto ha fatto ingresso nella locale Casa Circondariale. Ogni domenica attendiamo di conoscere quanti tifosi verranno a farci visita, portandoci il loro carico di calore. Consapevoli dell’esistenza di un esercito di assenti-presenti. Di gente che porta il Taranto nel cuore, pur non avendo la possibilità di stare vicino ai ragazzi in campo. Da qui l’idea di far visita noi a una parte di questi, di tornare a ventiquattro anni di distanza, nella Casa Circondariale.

  • Una malattia contagiosa

Il Taranto? La malattia di questa città. Lo sanno, per abitudine ed esperienza, Giorgino e Barasso. Lo sente, per origini, Panarelli. Lo realizza Rantier, e lo capisci quando racconta di una partita che ha giocato in un carcere francese, ma in un clima completamente differente. Lo scoprono stupiti tutti gli altri. Operatori sociali, polizia penitenziaria e detenuti: il Taranto deve ancora cominciare la sua visita in via Speziale che viene sommerso dall’abbraccio di questa parte della città. “E’ una malattia”, l’affermazione più ricorrente. Commuove vedere il piccolo Di Dio, appena giunto in riva allo Ionio, mentre scopre il Taranto dei De Vitis, degli Spagnulo, dei Monza e dei Riganò attraverso… le immagini appese in un carcere. Benvenuto, ragazzo: questa è Taranto.

  • Una domenica in carcere

La fotografia della Curva Nord colorata di rossoblù prima del fischio d’inizio di un maledetto Taranto-Catania ci accolgono in una sala. Sui muri della sede distaccata del Liceo Artistico “Lisippo” presso la Casa Circondariale, le gigantografie di Erasmo Iacovone e della AS Taranto ‘77/’78. “E’ una fortuna ospitare proprio il Liceo Artistico e non, per dire, Ragioneria”, spiega il responsabile della sicurezza. “Disegnando si può sognare di essere altrove”, spiega. E aggiunge: “Ogni cella ha una sua televisione e la domenica sembra giochi la nazionale, con il commento delle vostre gare su tutti gli schermi”. Ora sappiamo che ogni domenica al nostro fianco siete di più. Molti di più.

  • “Portateci in B… O, almeno, vincete fuori casa”

Palloncini colorati, striscioni, cori, coriandoli e tante sciarpe e magliette. Scopriamo commossi che la Casa Circondariale si è colorata di rossoblù per l’incontro con una delegazione di detenuti. Applausi, abbracci, pacche sulle spalle e “forza Taranto” a profusione. E due richieste. Quella di poter urlare di gioia, dalle sbarre al cielo, la seconda lettera dell’alfabeto. E quella di festeggiare un segno 2 fuori casa. Sappiamo che per poter realizzare il primo desiderio, occorre prima festeggiare il secondo. E fa male non poter giurare a tutti, con assoluta certezza, di tornare con entrambi i doni. Ma, a ogni passo verso la città, c’è almeno una certezza che si fa strada con sempre maggior determinazione: quella che occorre non risparmiare una goccia di sudore, fuori e dentro al campo, per provare a realizzare un giorno il sogno della città.

  • Questo è lo Iacovone

“Stiamo costruendo una società che non vende e non compra partite”. Legalità e riabilitazione sociale al centro del messaggio di Mike Hulls ai detenuti. Con, a corredo, un progetto. Nato con una chiacchierata tra i corridoi del carcere con il preside del Liceo Lisippo, Montesardi. “I tunnel dei nostri spogliatoi sono più grigi e bui di questa sala. Vogliamo colorarli con voi di rossoblù, per dare un’immagine migliore di Taranto, per ricordare ai nostri avversari che con noi c’è una città, per caricare i nostri calciatori prima di ogni gara”. “This is Anfield” campeggia all’uscita del tunnel nello stadio di Liverpool, ricorda spesso il primo dirigente rossoblù. “Questo è lo Iacovone”, il messaggio che dalla Manica desidera portare in riva allo Ionio. Poco da dire, è questo il modello inglese che maggiormente apprezziamo.

  • La rivoluzione di Dionigi

“Per troppo tempo, anche quando ero calciatore, il Taranto ha vissuto uno scollamento dalla città. E’ l’ora di recuperare il tempo perso. Sarà il tempo a dire se tecnicamente Davide Dionigi è un “predestinato”, come ama ripetere Valentino Angeloni. Per adesso inventariamo un dato di fatto: Dionigi ha portato al Taranto un plusvalore di umanità. Sposare il progetto societario del calcio inteso come missione sociale e cittadina facendo della solidarietà un elemento di gestione del gruppo è   la “rivoluzione” che Dionigi ha inteso portare nello spogliatoio. Portando i suoi uomini verso la città, per chiedere loro di non risparmiarsi per essa.

  • Un promemoria per non dimenticare

Un acquerello che riproduce un vicolo del Borgo Antico. Questo il dono dei detenuti a mister Davide Dionigi. Da questo pomeriggio il quadro fa bella mostra di sé nello spogliatoio della AS Taranto. Ora una parte degli assenti è di nuovo presente. Un promemoria per non dimenticare prima di ogni gara di giocare anche per loro. E che sarebbe bello poter regalare a questa città qualche bella gioia. Magari cominciando da Cava.

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